Tre serate sold-out per un progetto che nasce e cresce dentro le mura protettive di Fortezza Est e che si propone al pubblico con la semplicità e la gentilezza che sono proprio le caratteristiche intrinseche dello spazio che ci ha accolto ieri sera. Ma F.O.M.O. fa di più, arriva dritto e tagliente a proiettare le luci abbaglianti dei suoi schermi sulle nostre retine confuse, sfocate, poi ferme con ossessione sul focus della serata: farsi vedere, esserci. Non importa come, anzi, importa tantissimo per una frazione di secondo, quella dell’attimo perfetto. Carpe Diem? No, per niente. Poca la necessità di essere filosofici, tanta l’ansia, quella proprio descritta dall’anagramma di “Fear Of Missing Out”. La regia e l’impianto coreografico e attoriale, tipico del teatro fisico, che Francesca Lombardo restituisce sono costruiti per gradi, in ordine crescente, non senza i “click” e le interruzioni tipiche della dinamica tecnologica che tutti ben conosciamo. Il messaggio si volumizza e si amplifica fino a diventare ossessivo, maniacale, con una latente ironia tragicomica, compulsivo: attributi che riflettono il comportamento di dipendenza dai social network che tutti noi - pubblico - abbiamo rivisto fuori dalla scena. Il finale arriva tuonante come una profezia: i corpi seminudi delle tre performer Valentina Buoninconti, Marcella Di Giacomo e Marzia Meddi vengono scarnificati dal bagliore di un flash, che le scannerizza, le invade nelle loro più pure intimità. Lo stesso bagliore, che viaggia sempre in compagnia di uno schermo - portale per la virtualità - si riversa sulle fronti del pubblico e proietta a noi le stessa domanda: ne vale la pena? I pensieri si fermano per un attimo, buio. Poi gli applausi che si riversano in risposta alla squadra femminile che si riunisce in scena per i ringraziamenti e che si abbraccia con un vero senso di sorellanza.
Eleonora Turco e Alessandro Di Somma dirigono uno spazio, quello di Fortezza Est, che ha delle grandi ambizioni di conquista e che in 14 anni di operato conferma con dedizione l’impegno di fare cultura in una vita di quartiere che considera quello spazio proprio uno pezzo integrante di sé stessa.
F.O.M.O. non è solo una denuncia silenziosa, non è una qualsiasi tesi di sociologia, è una testimonianza tangibile che i teatri sono e saranno uno dei nostri luoghi preferiti per celebrare l’umanità, bella o brutta che sia.
Valerio Villa.
Comments